Chi non è mai stato cattivo, è difficile che diventi buono
Domenica 2 marzo si è svolta, nei locali della Horti Lamiani Bettivò una serata di letture e musica contro l’ergastolo ed in particolar modo contro l’ergastolo ostativo. Ospite d’onore della serata Leo Gullotta che ha letto alcuni scritti di Carmelo Musmeci condannato all’ergastolo. Questa è una pena senza fine che in base all’art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario, nega ogni misura alternativa al carcere e ogni beneficio penitenziario a chi è stato condannato per reati associativi: “Pochi sanno che i tipi di ergastolo sono due: quello normale, che manca di umanità, proporzionalità, legalità, eguaglianza ed educatività, ma ti lascia almeno uno spiraglio; poi c’è quello ostativo, che ti condanna a morte facendoti restare vivo, senza nessuna speranza”. Come giustamente hanno spiegato Angiolo Marroni, garante dei diritti dei detenuti del Lazio, e Nadia Bizzotto, volontaria della comunità Papa Giovanni XXIII; l’ergastolo è un provvedimento incostituzionale poiché nega l’articolo 27 della Costituzione Italiana, il quale dichiara che il carattere della pena deve tendere alla riabilitazione del condannato e ad una rieducazione che possa consentire di rientrare in società in caso di merito. Vorrei complimentarmi con l’organizzatrice dell’evento: Caterina Venturini, presidente dell’associazione culturale Horti Lamiani. Oltre che con un impeccabile Leo Gullotta il quale ha interpretato, con la sua grandissima esperienza teatrale e maestria, la lettura dei testi tratti dalle opere di Carmelo Musmeci.
Uno dei tanti che, in Italia, subisce la “pena di morte a vita”, ma che ha trovato nella letteratura e nello studio un’ancora di salvezza, alla quale ha saputo aggrapparsi da quando entrò in carcere con una licenza di quinta elementare, fino ad ora che ha conseguito una laurea specialistica in giurisprudenza ed è diventato un grande autore contemporaneo. Ricordo a tale proposito alcune delle sue opere: Undici ore d’amore, Gabrielli Editori (2012), Zanna blu, Gabrielli Editori (2012), Gli uomini ombra e altri racconti, Gabrielli Editori (2010), L’Urlo di un uomo ombra, Edizioni Smasher (2013). Riflettere e pensare a tematiche così delicate e “scomode” è sicuramente un dovere morale di tutti. E’ sicuramente viva la possibilità che molti ergastolani non commetterebbero una seconda volta i crimini per i quali sono stati condannati. Una società che accetta che le carceri siano luoghi dove scompaia anche l’ultimo barlume di speranza è sicuramente una società che materializza l’inferno sulla terra. Certo che ciò non deve significare un gratuito sconto sulla pena da applicare con generosità a chiunque. Il pentimento è una consapevolezza interna all’animo di un uomo ma va verificato senza ombra di dubbio. Ciò che si è voluto comunicare, con questa performance, è che questi individui sono privati di ogni speranza di redenzione e quindi di ogni motivo di vita. Condannati alla più atroce delle torture, il non poter sognare. “L’ergastolano non può mai sognare ciò che avverrà, perché non ha futuro”.
Nella sala alcune emblematiche opere dell’artista Domenico Giglio promotore di molte importanti esposizioni e partecipante della mostra “Libertà è Partecipazione” inaugurata a Cerveteri nei locali del palazzo Ruspoli lo scorso 25 gennaio. Parte dell’introduzione di Romina Guidelli in apertura al catalogo della mostra edito dalla Gangemi Editore, recita così: “…La nuova epoca della modernità vede nascere transgenici “cannibali” affamati di potere e di progresso. Bisogna fare i conti con un era in cui le logiche autocratiche, propagandistiche e globalizzanti, si sono diffuse come un virus capace di contagiare l’intera società generando un tempo che, anche se con dolore, ha fatalmente partorito ennesimi schiavi. Il diritto alla Libertà sembra essere stato inghiottito da un potere silente e subdolo, amministrato da fantomatici illuminati ed esperti che, concentrando la propria attenzione su un esclusivo obiettivo di ricchezza equivalente a una condizione di potenza, si è nutrito e ha “unto i suoi mezzi” di materiale umano, annientandone dove e come ha potuto, la più grande delle ricchezze: il pensiero. Il risultato di questa “strategia criminale” è il prodotto desiderato: una società che fonda le sue regole sul libero accesso ai beni di consumo. Automatismo che limita ogni possibile concezione di libertà che vada oltre la condizione di soddisfazione e compiacimento personale, ai danni di un recondito senso del collettivo e di ogni tipo d’inventiva-alternativa…”.
Claudia Crocioni