Tracciati d’Arte n. 3
Questo ritratto etereo è un omaggio d’amore alla natura e a Suzanne Hoschedé, la nuova prediletta del pittore e che fu anche l’ultima modella da lui ritratta, scelta che sembra essere dovuta ad una imposizione della moglie Alice che non tollerava l’idea di vederlo lavorare con delle ragazze. Questo quadro va inserito nella ricerca intrapresa da Monet su come rendere la figura all’aria aperta e la luce naturale. Non vi è alla base una vera teoria estetica, è solo la sensazione immediata quello che conta e che il pittore imprime sulla tela. Questa visione, continuamente rinnovata dalle variazioni luminose, questa “impressione fuggevole” da cogliere, diventa il vero soggetto del quadro. Gli unici principi che Monet segue sono l’esecuzione all’aria aperta (en plein air) e l’abbandono dei principi pittorici tradizionali. I tratti appaiono appena accennati, il suo intento non è rappresentare Suzanne come “è” ma come lui la “percepisce”. A Monet preme soltanto fissare sulla tela l’impressione di un momento interiore. La prospettiva non è più derivata da regole di geometria, ma la definizione dello spazio è data dalla scomposizione delle tonalità: nello stesso modo la frantumazione dei tocchi suggerisce forme e volumi, a scapito del disegno.Infine notiamo l’uso solo di colori puri (rosso, blu, giallo) ed i loro colori complementari (arancione, viola, verde) l’accostamento dei quali consente di rendere tutte le vibrazioni colorate dell’atmosfera. A tal proposito Monet ha dipinto due quadri simmetrici, in uno Suzanne si volta verso destra nell’altro verso sinistra. In entrambi la modella è ritratta come una visione fugace, i contorni del viso della ragazza sono solo suggeriti e l’ombrellino crea sulla luce effetti di diffrazione rendendo il corpo ancora più irreale, è lo stesso Monet a spiegarlo chiaramente: “Avrei potuto fare quindici ritratti di quella giovane donna in atmosfere differenti (…) per me solo il contesto rende al soggetto il suo vero valore”.
Dania Cerilli