Edouard Manet

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Tracciati d’Arte n. 4

La nascita della pittura moderna – L’Olimpya

Il grande artista francese Edouard Manet realizzò “L’Olympia” nel 1863. Realizzato con tecnica ad olio su tela, misura 130 x 190 cm. L’opera destò grande scandalo all’epoca più che per il soggetto rappresentato, per il contesto in cui la scena è inserita. Ai tempi di Manet, quadri di soggetto erotico se ne trovavano moltissimi, e talvolta anche più “piccanti” di questo, ma tutti avevano una patina di rispettabilità ipocrita, dovuta al fatto che si trattava sempre di rappresentazioni di Venere, delle ninfe o altri personaggi della storia o del mito. In pratica il nudo era consentito se inserito in contesti lontani nel tempo o nello spazio, o se riparato dietro la foglia di fico della mitologia. Ma il motivo principale per cui il dipinto fece scalpore era la rappresentazione di una donna sul “posto di lavoro” in quanto prostituta (Olympia era infatti un nome molto diffuso tra le prostitute), aspetto sottolineato dal nastrino di raso nero al collo della donna, tipico delle prostitute del tempo. Anche se la mano sinistra copre il pube, il riferimento al pudore e alla tradizionale virtù femminile è ironico. La posa volutamente sprezzante, con la mano sinistra premuta sul ventre, ricorda alcune immagini pornografiche del tempo che, con lo sviluppo della fotografìa, cominciavano a circolare clandestinamente nei salotti mondani. Il quadro di Manet è realizzato con la stessa tecnica del contrasto cromatico e luministico, qui usato quasi con intento dimostrativo. “Olympia” è di maggior rottura che non la “Colazione sull’erba”, anche per la voluta ambiguità dei passaggi tonali bianco su bianco e nero su nero che rendono difficile un’immediata comprensione dell’immagine. La testa della serva e il gattino ai piedi della donna scompaiono quasi nella oscurità dello sfondo. Il bianco delle lenzuola viene rilevato con sovrapposizioni di pennellate grigie, mentre il corpo nudo della donna si presenta di un bianco uniforme, la cui piattezza è però compensata dalla ben calibrata posizione degli arti. È un esercizio di virtuosismo stilistico, in cui le piccole macchie di colore rosso e verde danno il punto di saturazione del tono luminoso in bilico tra il bianco-luce e il nero-oscurità. In secondo piano è dipinta una donna di colore che regge il dono di un presunto spasimante: un mazzo variopinto di fiori che è rappresentato con tecnica già del tutto impressionista. Infatti, è costruito su macchie indefinite di colore, stese con rapide e piccole pennellate. Solo osservato in lontananza, il mazzo acquista un grande effetto realistico. Ai piedi del letto vi è un terzo elemento: un gatto nero. A differenza del cagnolino nella Venere dì Urbino di Tiziano, simbolo di fedeltà, il gatto probabilmente rappresenta la libertà, l’emancipazione che la donna iniziava ad ottenere in quegli anni e viene visto come un ulteriore simbolo erotico.

Dania Cerilli

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