È definita come acqua potabile, un’acqua che si può bere senza pregiudizio per la salute. Già a partire dalle epoche più antiche, dalle prime civiltà, l’uomo poneva molta attenzione alla qualità delle acque da bere.
Dall’antichità a oggi
Nell’antichità, e comunque fino a tempi recenti, i parametri utilizzati per valutare un’acqua potabile erano essenzialmente di natura organolettica, ovvero basati sulla capacità degli organi di senso di percepire difformità da quella che era ritenuta l’acqua ideale, che doveva essere il più possibile limpida, incolore, inodore e insapore. Per renderla tale si effettuavano operazioni di decantazione e filtrazione.
Nel corso dei millenni, acquisita l’idea che l’acqua poteva essere causa e veicolo di trasmissione di gravi malattie, gli studiosi di ogni epoca hanno cercato di stabilire criteri sempre più avanzati per l’idoneità al consumo umano.
Strumentazioni di laboratorio sempre più sofisticate permettono oggi di rilevare la presenza di inquinanti in concentrazioni sempre più modeste, inoltre la stragrande maggioranza delle sostanze presenti nell’acqua sono impercettibili agli organi di senso e per questo motivo, in passato, la loro presenza non poteva essere valutata. Ecco perché alcune acque che un tempo erano ritenute potabili oggi, secondo le attuali conoscenze scientifiche e le norme che regolamentano il settore, non lo sono più.
Il contesto normativo
La legislazione ne riconosce e regolamenta differenti tipologie, che distingue a seconda della composizione salina, dell’origine, delle modalità di trasporto e degli eventuali trattamenti a cui vengono sottoposte. Esistono infatti le “acque destinate al consumo umano”, le “acque minerali naturali”, le “acque di sorgente” e le “acque affinate”, tutte acque potabili ma regolamentate da differenti legislazioni. Cosa le accomuna? Il fatto di essere sicure.
L’acqua potabile, indipendentemente dalla categoria alla quale appartiene, deve essere salubre e pulita, ovvero non deve contenere microrganismi né altre sostanze in concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana.
Per assicurare ciò le attuali norme, recepite a livello di Comunità Europea, definiscono i requisiti di potabilità attraverso il monitoraggio di numerosi parametri, per ognuno dei quali è stato fissato un limite di concentrazione. In particolare il D.Lgs 31/2001 (Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano), con le sue successive modifiche ed integrazioni, prevede il controllo di 53 parametri.
Il quadro si complica se si considerano i paesi extraeuropei, dove l’idoneità di un’acqua al consumo umano è stabilita da altre normative.
Potabile oppure no?
La potabilità non è quindi un qualcosa di assoluto, bensì un concetto legale, valutato in maniera differente nelle varie aree del pianeta e mutevole nel tempo, derivante da normative che tengono conto non solo di parametri strettamente igienisti, ma anche di opportunità.
Molte acque un tempo ritenute potabili, alla luce delle attuali conoscenze, non lo sono più, e in futuro quasi certamente verranno ritenute inadeguate molte acque considerate oggi di buona qualità.